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Torna la rubrica il Cacciatore Bergamasco: Piano Ispra, lotta al bracconaggio o alla polenta e osèi?

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Il 30 marzo 2017 la Conferenza Stato – Regioni ha raggiunto un accordo sul c.d. Piano Antibracconaggio.

Si tratta di un esame a livello nazionale delle emergenze di atti illeciti contro gli uccelli selvatici e delle “azioni” da porre in essere per contrastare tali atti di bracconaggio.

Pacifico che le misure antibracconaggio sarebbero ben accette anche da parte dei cacciatori, anche allorché si tratti di colpire non solo i veri e propri bracconieri, ma anche quei – pochi e sempre meno – cacciatori che violano le regole uccidendo specie non cacciabili o usando mezzi non consentiti durante l’attività venatoria. E anche perché leggendo il piano ISPRA si capisce che il bracconaggio è una attività illecita che solo in una parte minoritaria riguarda la violazione di norme sull’attività venatoria, ma spesso l’opinione pubblica associa la figura del bracconiere al cacciatore.

Ma l’impostazione data riporta anche una demonizzazione delle nostre tradizioni culturali e gastronomiche, che ISPRA e il Ministero vogliono combattere a prescindere dal loro eventuale (o ormai marginale) collegamento con attività illecite di prelievo e benché oggi siano mantenute in maniera perfettamente lecita mediante l’uso di selvaggina cacciabile e legalmente cacciata.

Premesso che ormai è un lontano ricordo la “polenta e oséi” preparata con i c.d. “estatini” e con uccelletti ormai non più cacciabili dal 1977 (ma fino ad allora legalmente cacciabili con ogni mezzo), si vuole ricordare che quanto meno il consumo privato di specie cacciabili come tordi e allodole legalmente cacciate è perfettamente lecito.

Parlo di consumo privato: un ristoratore che osasse mettere nel menù un tordo lecitamente cacciato già oggi sarebbe perseguito più di un narcotrafficante!

Ma la “polenta e oséi” preparata con specie cacciabili (e comunque prelibate) è e deve essere un piatto con la stessa dignità della cassoeula milanese o di un gulash di cervo del Tirolo. Anzi, un piatto tradizionale da tutelare, che invece che vietato dovrebbe essere rilanciato per il turismo enogastronomico delle nostre valli! E come lo dovrebbero essere le “grive” (i tordi in sardo) al mirto del sud della Sardegna.

E invece cosa si legge nel “piano antibracconaggio?”

Si legge che “campagne di informazione a scala nazionale possono dimostrarsi utili per sensibilizzare il grande pubblico su alcune tematiche, ad esempio scoraggiare il consumo di piatti locali tipici, come la “polenta e oséi” o “le grive al mirto

Insomma il piano antibracconaggio diventa la scusa per toglierci ancora un pezzo della nostra storia e delle nostre radici e in questo periodo pasquale non posso che pensare alla guerra mediatica scatenata contro il consumo di agnello. La prevenzione del bracconaggio diventa una scusa per additare come sconveniente un piatto preparato anche con selvaggina legalmente cacciabile.

E domani cosa vorranno colpire? Per prevenire il bracconaggio indiranno una campagna per scoraggiare l’uso del burro in quanto ingrediente fondamentale per la “polenta e osèi”? Ci lasceranno usare il burro per i casonséi?

Per non dire che si parla anche di sensibilizzazione nelle scuole per i più piccini: dobbiamo pure aspettarci un ulteriore giro di vite nel lavaggio del cervello perpetrato già oggi sui bimbi per farne bay-eco-terroristi da far esplodere (in senso figurato si intende) nelle famiglie che ancora oggi si possono fregiare di sapere come è fatta una gallina viva o di come si cucina e gusta una sontuosa “polenta e oséi”. Si dovrebbe pensare invece a scuole dove le mense propongano e mantengano i piatti tipici e non che li demonizzino. Son certo che “polenta e osèi” e un piatto di “casonsèi” avrebbero presto la meglio su certe mode.

Chi ha puntato i fucili contro la “polenta e osèi” dovrebbe invece leggersi “La pacciada. Mangiarebere in pianura padana” di due grandissimi della cucina e del giornalismo: Luigi Veronelli e Gianni Brera, grandissimi buongustai e amanti dei piatti delle nostre radici. Si lascerebbe magari incuriosire da quanto potevano essere buoni i beccafichi, quando si potevano mangiare. E potrebbe accontentarsi di venire a Bergamo ospite di qualche cacciatore a gustarsi due tordi preparati con burro di malga in un nido di polenta di farina di spinato di Gandino. Con un bicchiere di Valcalepio DOC. Giusto per pensare a quale sia la giusta campagna di sensibilizzazione.

Il presidente di Fidc Bergamo

Lorenzo Bertacchi

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